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Le problematiche del trasporto di materiale biologico in sicurezza

Trasporto ADR

Il trasporto in sicurezza del materiale diagnostico

La tematica del trasporto dei campioni biologici a scopo diagnostico dal luogo di prelievo (laboratori, reparti, centri di prelievo o centri periferici di raccolta) al laboratorio di analisi è sempre più emergente e strategica, al punto che le associazioni scientifiche della Medicina di Laboratorio si sono occupate di fornire le Raccomandazioni FISMeLab per il trasporto del materiale biologico (La Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio, 2019).

Infatti a partire dalla fine degli anni ‘90 i laboratori pubblici hanno subito una progressiva e consistente centralizzazione, mentre per quelli privati si osserva sempre di più la tendenza a consorziarsi o ad affidare ad altri laboratori più attrezzati (Hub) l’esecuzione di una parte più o meno consistente del proprio catalogo di prestazioni. Nel contempo sul territorio, al fine di favorire i cittadini, specialmente nel caso di soggetti anziani, evitando loro grandi spostamenti per eseguire analisi di laboratorio, si riscontra una capillare presenza di centri prelievo. Esistono inoltre specifiche casistiche che richiedono prelievi a domicilio, che sono spesso garantiti da personale che svolge saltuariamente tale attività, con i relativi problemi di aggiornare la conoscenza delle procedure.

L’argomento riveste un’importanza notevole per una serie di fattori:

  • la sicurezza degli addetti a tale operazione
  • i laboratori destinatari dei campioni
  • la corretta conservazione del campione
  • la qualità del risultato analitico finale.

Alla luce di queste considerazioni è necessario garantire al personale coinvolto nelle diverse fasi del trasporto un adeguato addestramento e la disponibilità di procedure per il corretto confezionamento, l’etichettatura ed il trasporto in sicurezza dei campioni.

Quale effetto della centralizzazione, la distanza che il materiale biologico deve percorrere per giungere alla stazione analitica, un tempo confinata in ambito provinciale o, al più, regionale, laddove consentito dalle Autorità regolatorie può diventare sempre più grande, valicando, in diversi casi, anche i confini nazionali.

Si distinguono così due tipologie di trasporto di campioni biologici:

Trasporto locale (intra-murale): da un reparto ospedaliero al laboratorio all’interno della struttura; in questo caso è necessario solo il contenitore secondario.

Trasporto esterno o spedizione: prevede la spedizione dei campioni ad altra struttura, attraverso mezzi terrestri (strada o ferrovia), aerei, postali, navali; in questo caso dalla normativa ADR è richiesto sia il contenitore secondario che il contenitore terziario.

Il tempo e le modalità di trasporto a distanza dei campioni biologici è fonte di potenziale corruzione della matrice biologica, che genera errori di varia natura e gravità.

In generale, anche per il trasporto dei campioni biologici le precauzioni universali prevedono che essi siano considerati potenzialmente infetti e si debbano pertanto attuare condizioni di massima sicurezza possibile per l’operatore e per il campione, impedendo la dispersione nell’ambiente di agenti infettanti o potenzialmente tali. Tali condizioni riguardano la scelta di contenitori e mezzi idonei per il confezionamento e il trasporto, l’utilizzo di specifici Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), la conoscenza delle procedure per la manipolazione dei campioni e delle procedure da attuare in caso di eventi accidentali potenzialmente dannosi.

La normativa ADR si applica ai trasporti internazionali su strada. La nuova edizione dell’ADR è in vigore dal 1 gennaio 2013 per tutti i trasporti internazionali di merci pericolose, mentre per quelli nazionali è diventata obbligatoria a partire dal 1 luglio 2013. In Italia l’edizione 2013 dell’Accordo ADR è stata recepita con il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21 gennaio 2013 e rappresenta la normativa nazionale al momento vigente.

Sempre in Italia, oltre che nelle normative ADR recepite, le indicazioni e istruzioni operative sul trasporto esterno di campioni diagnostici o infettivi sono contenute nella Circolare del Ministero della Salute n. 3/2003, che intende garantire la sicurezza del personale coinvolto nelle operazioni di trasporto, impedire la dispersione di agenti infettanti o potenzialmente tali, garantire la sicurezza del personale addetto alla ricezione ed alla manipolazione del materiale contenuto nella spedizione.

Requisiti del trasporto e rischi correlati

La catena di trasporto del materiale biologico inizia con il confezionamento e termina con la consegna del materiale stesso al laboratorio di destinazione.

Le condizioni di trasporto devono assicurare il mantenimento della stabilità del campione, in altre parole, il suo valore diagnostico, cioè tutte le caratteristiche necessarie per conferire attendibilità al risultato dei test cui il campione sarà sottoposto.

In ambito biochimico un problema rilevante è che la migliore procedura di conservazione di un analita può contrastare con quella di un altro. Purtroppo accade spesso che tali analiti si ricerchino nello stesso campione, cioè siano processabili sulla stessa provetta. Questo comporta potenziale spreco di risorse, soprattutto quando l’analita che necessita di particolari attenzioni è uno solo, mentre quelli che possono farne a meno sono molti. Esemplificativo è, al riguardo, il caso del glucosio la cui stabilità, in un campione non centrifugato, è non solo modesta, ma varia da soggetto a soggetto e, nel tempo, perfino nello stesso soggetto.

Dopo la centrifugazione del campione potrà essere necessario separare il siero/plasma per assicurarne l’integrità fino al momento dell’analisi. Talvolta alla separazione potrà essere necessario segua il congelamento. Vi sono casi in cui la temperatura di conservazione del campione è così bassa (- 70° C) da far considerare il suo trasporto problematico.

La provetta ideale, in caso di centrifugazione fuori dal laboratorio (ad esempio nello stesso centro prelievi), è quella con gel separatore. Eliminare il contatto tra fase liquida e fase corpuscolata di un campione di sangue elimina, infatti, alla radice diverse fonti d’inesattezza, specialmente per analiti come potassio o lattico deidrogenasi.

Le provette con gel separatore, quando il loro contenuto è destinato ad alcuni tipi di analisi, non dovrebbero essere congelate (-20° C o meno) perché questa pratica può rivelarsi fonte di inesattezza analitica (ad esempio alcuni farmaci). In questi casi è opportuno far seguire, alla centrifugazione della provetta, la separazione del siero/plasma e quindi il successivo congelamento.

Vi sono matrici, come quella urinaria, che esigono l’invio al laboratorio nel minor tempo possibile affinché l’esame sia eseguito nel minor tempo possibile (due ore o meno). In alternativa è necessario assicurare l’immediata refrigerazione del campione e la realizzazione della catena del freddo fino al momento dell’analisi. Questa pratica non è esente da criticità inficiando la valutazione di alcuni elementi del sedimento urinario (ad esempio alcuni cristalli).

L’impiego di provette per l’esame delle urine contenenti conservanti esclude la necessità di refrigerare i campioni. I limiti di tempo consentiti per una corretta valutazione, in tale caso, sono propri di ogni conservante e si rimanda alle relative istruzioni d’uso.

Se invece il trasporto è unicamente di materiale destinato a test genetici, nulla osta al loro trasporto a temperatura tra 10° C e 30° C.

Le variabili del trasporto

I fattori che influiscono sulla conservazione dei campioni biologici sono rappresentati da:

– Tempo:

  • Tra le 2 e le 4 ore si verificano alterazioni nella stabilità dei seguenti parametri: – Ematocrito, Volume Globulare Medio degli eritrociti – Bilirubina nel plasma – Glucosio, potassio, ferro – Litio, Fosforo – I campioni di urina non sarebbero più adatti alla determinazione del sedimento dopo conservazione >2 ore a T ambiente
  • Oltre le 4 ore: – LDH, fosfatasi acida, potassio, frazioni di complemento C3 e C4, Catecolamine totali, Acido Folico, Gastrina, Vitamina B12, Zinco – Studi di popolazioni cellulari in EDTA – Studi di coagulazione che richiedano la separazione, refrigerazione o congelamento del plasma.

– Temperatura: per garantire il mantenimento delle caratteristiche del campione si usano, in genere, temperature comprese tra 2-8°C.

  • A temperatura ambiente:

– Decremento del glucosio: per 2 ore a 23° C diminuzione del 10% della concentrazione. La perdita di concentrazione aumenta in patologie quali le leucocitosi

– Aumento del fosfato

– Aumento dell’ammonio a 15 min

– Diminuzione del folato a 30 min

– Alterazione delle Vitamine B6 e B12

  • A 4° C:

– Diventa instabile il fattore VII della coagulazione (il campione deve essere mantenuto a T ambiente)

  • A temperature inferiori ai 4° C o superiori ai 30° C:

– Aumento del rilascio di ioni potassio dagli eritrociti

  • Gli anticorpi possono alterare la conta cellulare eseguita in ematologia quale conseguenza della loro forte sensibilità alla temperatura di conservazione.

– Esposizione alla luce solare: è necessario garantire la conservazione al buio dei campioni (per alcuni analiti fotosensibili, come la bilirubina).

  • Evitare sia la luce artificiale sia la luce naturale (raggi ultravioletti)
  • Estremamente critico per la bilirubina
  • Importante per: – Vitamina A e B6 – Beta-carotene – Porfirine
  • È richiesto il trasporto della bilirubina in contenitori primari ambrati o rivestiti con alluminio.

– Idoneità e integrità del contenitore e sua stabilità;

– Sollecitazioni meccaniche: è necessario evitare vibrazioni, cambiamenti di pressione, manipolazione impropria del recipiente contenente il campione.

Il confezionamento

Il trasporto in conformità alla normativa ADR prevede l’utilizzo di un sistema a tre involucri, così configurato:

Contenitore primario: contenitore a tenuta stagna contenente il campione: è la provetta del sangue o il contenitore delle urine. Il contenitore, se frangibile, deve essere avvolto con sufficiente materiale antiurto e da materiale assorbente in quantità sufficiente da essere in grado di assorbire tutto il liquido in caso di rottura. Il materiale assorbente va posto fra i recipienti primari ed il secondario .

Contenitore secondario: è un secondo contenitore a tenuta stagna che serve a proteggere il contenitore primario. I contenitori primari sono posti in un contenitore secondario. Il contenitore deve essere etichettato in relazione al contenuto ed accompagnato dalle schede con i dati dei campioni (vedi Trasporto ADR – Contenitori secondari).

Contenitore terziario: il contenitore secondario deve essere posto in un ulteriore contenitore in grado di proteggerlo da agenti esterni durante il trasporto. Tale contenitore deve riportare la simbologia prevista della normativa (vedi Trasporto ADR – Contenitori terziari).

Il sistema di trasporto campioni biologici conforme a norma ADR

I sistemi da noi proposti sono modulari in base alle necessità dei clienti e possono soddisfare le loro esigenze: dal medico che esegue i prelievi a domicilio, che necessita di un piccolo sistema di trasporto campioni biologici, ad una realtà complessa come quella di un ospedale, che ha delle necessità di trasporto campioni biologici diverse a seconda della tipologia di materiale trasportato.